Anniversario strage di Capaci

Nella classe 1C Commerciale è stato raccolto l'invito dell'Ufficio Scolastico Regionale a "realizzare iniziative, letture e dibattiti per commemorare le figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino".

Ecco il testo elaborato da uno studente della classe:

LA STRAGE DI CAPACI

“Come tutti i fenomeni storici la mafia ha un inizio e una fine”

Giovanni Falcone

 

Così l’eroico Giovanni Falcone definì questa piaga sociale. Se oggi abbiamo tante informazioni sulla mafia è proprio grazie ai giudici falcone e Borsellino, che ne sono rimaste vittime, ma non hanno avuto paura di lottare.

Sono passati 25 anni dall’attentato ricordato con il nome “Strage di Capaci”, in cui morirono il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Falcone fu eletto capo dell’ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, e il 23 maggio 1992 venne assassinato perché considerato un grande pericolo per la mafia. Da tempo era già diventato un suo bersaglio e la sua nuova carica gli procurò la morte assicurata. Era considerato un grande pericolo per la mafia perché, insieme a Borsellino, stava scoperchiando una pentola della quale molti politici facevano parte: per questo si pensa che la sua morte sia stata voluta dalla classe politica. Negli ultimi tempi il Giudice era stato lasciato solo a lottare contro uno Stato corrotto.

Aveva scoperto grandi affari illeciti che legavano la mafia alla politica, e per questo fu ucciso…

Giovanni Falcone ha lasciato molti messaggi rivolti ai giovani, non solo a coloro che avrebbero intrapreso una carriera come la sua, ma anche ai giovani che purtroppo sono caduti nella rete mafiosa; come le idee di Falcone le avrebbe seguite un altro giovane magistrato, così le idee mafiose di un boss le avrebbe seguite un giovane mafioso ispirato o costretto a diventare un grande boss come il padre o comunque come una persona stimata da lui o da chi lo avrebbe costretto.

Io sono un ragazzo adolescente del Sud, precisamente di Salerno, una bellissima città che si affaccia sul mare in cui la mafia sicuramente è presente, magari in modo non molto evidente. Ma da quello che sento dire dai miei genitori e a scuola, nella mia zona ci sono persone che sono cadute nella trappola del cosiddetto “pizzo”, cioè negozianti o impresari che devono pagare una rata ai mafiosi per poter tenere aperta la loro attività nella zona in cui è “proprietaria la mafia”. Le rate sono sempre più alte tanto che alla fine questi negozianti dovranno chiudere e non potranno denunciare perché sono ricattati. Ragazzi della mia età, che non hanno alle spalle una famiglia solida, si trovano in un momento di debolezza e improvvisamente si affacciano al mondo della droga, iniziano a fare gli spacciatori poiché la mafia ha in mano il giro della droga.

Se si va in giro in molte periferie ci sono ammassati sacchi di spazzatura, perché anche qui la mafia è padrona...

Voglio ricordare che a pochi chilometri della mia città si trova Caserta, la "Terra dei fuochi". Una zona in cui tante persone si sono ammalate perché la spazzatura nociva alla salute è stata sotterrata e la stessa terra è stata resa agricola, tutti i frutti di quelle coltivazioni sono stati, e lo saranno per molto tempo, nocivi.

Ad un'ora da casa mia c'è Napoli che è per me la città più bella d'Italia, ma dove purtroppo persiste il fenomeno della CAMORRA.

La Camorra è un male locale, forte e radicato in uno specifico territorio, quindi più modesta e più battibile, che trova vita dal malessere della società in cui opera. Bisognerebbe fare anche delle considerazioni di tipo geografico: la mafia è più suil modello siciliano mentre la camorra ha radici napoletane; comunque sono tutte e due associazioni che stanno devastando la società ed in particolare Napoli, una così bella città in preda alla follia dei clan terroristici.

Io credo che la morte di questo grande giudice e anche di altri come per esempio Borsellino,il giudice Livantino, Don Giuseppe Puglisi dimostrino che la mafia si può debellare. Le persone devono avere il coraggio di rifiutare di pagare e devono denunciare. Io, personalmente, ho avuto l'onore di conoscere Don Luigi Merola, un sacerdote napoletano che vive nei quartieri di Napoli dove la mafia è padrona. Lui è molto attivo nella lotta alla mafia, e si rivolge proprio a noi ragazzi. Il suo messaggio è chiaro: la MAFIA non deve aver paura dei magistrati, ma della SCUOLA.

Il sud ha bisogno di stimolare le giovani generazioni affinché si diffonda sempre di più la cultura della legalità.

Il rispetto della legge dobbiamo trovarlo in ogni cosa: nel parcheggiare le auto nella strisce giuste e non di quelle riservate ai portatori di Handicap, non buttare la spazzatura a terra ma nei cestini messi apposta, rispettare gli adulti e i ruoli che rivestono nella società. Bisogna che dentro di noi, nelle nuove generazioni, cresca il senso di onestà e responsabilità.

Gli insegnanti, gli educatori e i genitori devono essere da traino per far si che in noi ragazzi nasca un senso di civiltà che vada ad ostacolare il senso mafioso. Sono sicuro che anche il Giudice Falcone fosse d’accordo con Don Luigi; la frase dice che la mafia ha un inizio ed una fine, per cui se in noi ragazzi cresce la voglia di essere onesti, di non vivere nell’ignoranza, di capire che lo Stato siamo noi e che noi dobbiamo muoverci, la mafia non avrà più linfa vitale.

Ortensio Giliberti

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